In conversazione con Ruggero Maggi
by ROBERTO VIDALI
La vita artistica di Ruggero Maggi è stata articolata e plasmata dalla curiosità del mondo circostante. A 22 anni aprì una galleria d’arte multimediale: il Milan Art Center. La ricerca, la sperimentazione, il neon, il laser, l’olografia, l’incontro inconsapevole con la Poesia Visiva, i libri d’artista e l’incredibile mondo della Mail Art furono i suoi interessi di quegli anni.
Se penso alla tua storia vedo tre strade importanti che si intersecano nelle vesti di autore e promotore: la prima strada è senza dubbio il tuo lungo rapporto intercorso con Restany... Conobbi Pierre negli anni ‘70. Accompagnavo un artista fiorentino amico mio che, avendo appuntamento con Restany, ma non conoscendo Milano, mi chiese di accompagnarlo all’Hotel Manzoni, residenza milanese di Pierre. Dopo una visione della documentazione portata dall’artista e incuriosito dalla mia presenza, gli dissi che ero appena tornato da un viaggio in Perù e che ero stato da poco nell’Amazzonia peruviana. Amazzonia fu la parola magica che fece scattare un immediato contatto spirituale: anche lui era un grande amante e conoscitore della Foresta amazzonica e del suo mondo. Da allora ci incontrammo numerose volte e sempre, immediato, scattava il ricordo di quell’amore comune che ci ha profondamente legato. Quando, una decina di anni fa, gli chiesi per la prima volta se avesse potuto o voluto scrivere qualcosa sul mio lavoro, non ebbe esitazioni e ne scaturì quel testo “Più vero di Natura” che si è rivelato fondamentale per la mia ricerca. Dopo la sua scomparsa ho pensato di rendergli omaggio con un progetto non solo a lui dedicato, ma su di lui incentrato: “Camera 312 - promemoria per Pierre” presentato anche alla Biennale di Venezia nel 2007 all’interno di uno spazio in cui le pareti furono avvolte da fluttuanti Post-it gialli e dove fu esposto anche l’arredamento originale della camera 312 dell’Hotel Manzoni in cui Pierre soggiornò per oltre trent’anni.
Il secondo punto nodale del tuo percorso artistico è incentrato sulla mail art e sulla piccola editoria d’artista... L’Arte Postale mi accompagna dal 1975. La Mail Art non è solo un banale scambio di lettere o di cartoline, ma ha da sempre rappresentato un esplosivo esempio di deflagrante creatività. L’Arte Postale è stata ed è ancora per me una meravigliosa avventura! Nel 1975 iniziai a lavorare anche su piccoli oggetti a cui davo la forma di libri… pagine come opere d’arte, pagine che non si sfogliano e fissate nel tempo. Nello stesso periodo fondai anche un particolare archivio/biblioteca “Non solo libri” che raccoglie più di un migliaio di monotipi realizzati da artisti di tutto il mondo.
Infine il progetto del Padiglione Tibet, ultimo e attuale nodo della tua avventura artistica... Padiglione Tibet è un’idea del 2010: da allora rappresenta un ponte tra culture, fra arte contemporanea occidentale e iconografia tibetana. Un progetto nato per non dimenticare una cultura millenaria che la Cina vorrebbe distruggere… per restituire al Tibet la dignità di una nazione di diritto. L’accostamento di due semplici parole: “Padiglione” e “Tibet” che, in occasione della biennale veneziana, assumono un significato particolare di identità geo-politica rendendo utopicamente il Tibet un paese autonomo. Mi piace pensare a Padiglione Tibet come a un sogno che ha lasciato il segno ma, come diceva Kubrick, i sogni non sono mai solamente sogni.